Collecchio - Guida Turistica

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Pieve di San Prospero
 Dedicata a San Prospero, viene citata per la prima volta nel 1230, come pieve cui fanno capo otto chiese minori.
  La struttura originaria dell’edificio, che si suppone a navata unica con pianta a T e tre absidi, potrebbe risalire alla fine dell’XI secolo, come pare confermare un frammento murato datato 1089. Al principio del XIII secolo l’edificio esistente viene ampliato, inglobandolo in una struttura a tre navate il cui impianto si ritrova nell’edificio attuale; a questa fase costruttiva risalgono l’alto presbiterio e la massiccia torre campanaria quadrangolare impostata su di esso. Nel XVI secolo vengono costruite sui fianchi della chiesa sei cappelle, demolite nel 1912; nel XVIII secolo viene ricostruita la facciata, demolita e rifatta con l’inserzione di un piccolo portico nel 1935.
 La nuova torre campanaria staccata dalla chiesa, posta a fianco della facciata a imitazione di quella della cattedrale di Parma, viene eretta nel 1922.
 All’interno della chiesa le colonne terminano con capitelli romanici scolpiti con animali, volti umani e figure fantastiche. Nella chiesa sono conservati una vasca battesimale del XII secolo, con decorazione di tipo architettonico a colonne e archi incrociati, e una lastra scolpita a bassorilievo che raffigura il Battesimo di Gesù. La composizione della scena, con il Battista a sinistra in piedi su una roccia e Gesù immerso nell’acqua su cui scende lo Spirito sotto forma di Colomba, è di derivazione bizantina e verrà mantenuta in seguito nelle raffigurazioni del battesimo di Gesù di area ortodossa, in particolare nelle icone russe.
Villa Paveri Fontana (già villa Dalla Rosa-Prati)
 Villa Paveri-Fontana fu edificata alla fine del XVII secolo su preesistenze cinquecentesche. Essa conserva ancor oggi stanze affrescate con soggetti mitologici ed architetture prospettiche. All'ingresso dell'abitato si erge sulla destra (per chi viene da Parma) un monumentale ingresso ad arco, denominato "Arco del Bargello" che segna l'accesso al parco della villa.
Villa Nevicati (già villa Meli Lupi di Soragna)
 Situata nel parco comunale Fortunato Nevicati dal quale prende il nome, villa Nevicati è un esempio di particolari strutture architettoniche: presenta infatti una struttura a dado, con la facciata mossa da piccole colonne che formano un loggiato, e da una torre angolare.
Parco Regionale Boschi di Carrega
 Il Parco Boschi di Carrega, primo Parco Regionale in Emilia Romagna, è stato istituito nel 1982. Il suo territorio di 1260 ha, situato sui terrazzi fluviali quaternari tra il fiume Taro e il torrente Baganza, in provincia di Parma, viene gestito dal Consorzio costituito dai comuni di Collecchio, Parma, Sala Baganza, Felino, Fornovo Taro e dalla Provincia di Parma. Il Parco è facilmente raggiungibile da Parma tramite la statale per La Spezia, seguendo le indicazioni per Sala Baganza e per il Parco; l'uscita autostradale più vicina è Parma ovest.
  Storicamente questi splendidi boschi hanno costituito una riserva di caccia.  Nata già dall'epoca dei Farnese, questa tradizione venatoria è poi continuata con i Borbone e Maria Luigia d’Austria, fino agli ultimi proprietari, i Principi Carrega. La gradevole alternanza di boschi, prati stabili e seminativi, è arricchita dalla presenza di numerosi ruscelli, che alimentano piccoli specchi d'acqua. Il Parco costituisce un'attrattiva anche per gli amanti della storia e dell'arte. A testimonianza delle sue nobili origini, custodisce alcuni preziosi gioielli architettonici, come il Casino dei Boschi, la Villa del Ferlaro e la Pieve di Talignano. I Boschi di Carrega offrono in ogni stagione motivi di interesse ed il Parco è promotore di numerose attività culturali e di educazione ambientale per le scuole. Ai visitatori vengono proposti inoltre diversi itinerari, liberi o guidati, dedicati ai vari aspetti del Parco: storici, naturalistici, geologici. Gli itinerari sono descritti nelle carte dei sentieri disponibili presso i Centri Parco. L'organizzazione è attuata dai Centri Parco "R. Levati" e "Casinetto".
 Il Parco investe grandi risorse per i servizi rivolti alla fruizione, con l’obiettivo di informare ed educare le numerose persone che quotidianamente visitano l’area protetta, oppure che “incontrano” il Parco in altre occasioni.
 Poco distante da Collecchio si trova il Parco Fluviale del Taro, un’estensione di circa 1290 ettari lungo il fiume Taro, che ospita la fauna ittica e la avifauna.
 Il Parco accompagna il corso del Taro per un tratto di circa 20 km. da Fornovo alla via Emilia. In oltre 3000 ettari di territorio sono custoditi numerosi valori dell’antico paesaggio fluviale, altrove ormai scomparsi o fortemente compromessi. Con la L.R. 11/88 è stata istituita l’area protetta che deve assolvere il compito di salvaguardare il complesso di ambienti creati dal divagare dell’acqua nell’ampio alveo ghiaioso. Il riconoscimento del pregio naturalistico non esaurisce lo scopo del Parco, infatti il punto forte della gestione è quello indirizzato alla promozione di comportamenti di maggiore cura del territorio, particolarmente auspicati in quest’area ad elevato tenore economico e sede di importanti attività produttive che rendono assai vulnerabile la qualità ambientale.
 Il contrasto tra l’uso produttivo degli spazi e delle risorse e la permanenza di angoli naturali non deve suggestionare negativamente il visitatore, questa contraddizione deve invece accendere una riflessione sulle nostre capacità di invertire i processi di deterioramento. Il Parco, anche se a fatica, intende dimostrarlo. Specialmente rendendosi sempre più leggibile, con iniziative di divulgazione che possono riportare la gente a fruire delle rive del fiume, sia attraverso le opere di manutenzione degli ambienti naturali relitti, sia attraverso il ripristino di quelli degradati.
 Per chi vuole scoprire cosa c’è nel Parco, ecco qualche indizio.
 L’ampio alveo è intersecato da rami attivi che separano grandi isole di ghiaia, mentre rami secondari, solo periodicamente inondati, danno luogo a zone umide temporanee. Al di sopra delle ripide scarpate erose dalla corrente, si incontrano boschi, macchie cespugliate e praterie aride. La flora è particolarmente vistosa in periodo primaverile e, per i più appassionati, può essere di grande soddisfazione una passeggiata alla ricerca di rarità botaniche come la Tamerice europea o la Tifa di Laxmann, o anche per il piacere di riconoscere le vistose orchidee seminascoste dagli steli d’erba.
 Questo lungo corridoio ecologico costituisce luogo di rifugio e di riproduzione per molti animali. Pesci ed anfibi sono legati alle fluttuazioni stagionali dell’acqua, mentre rettili, uccelli e mammiferi, più svincolati dalle zone umide, occupano molte nicchie nell’entroterra. Il simbolo del Parco è la Sterna, un elegante ospite estivo che può essere da tutti osservato con facilità per la sua abitudine di perlustrare in volo il torrente per catturare piccoli pesci. L’ospite più raro ed importante, ma anche il più elusivo, è l’Occhione, attivo al crepuscolo e pressochè invisibile per la livrea mimetica.
 Non sono solo i motivi naturalistici ad attrarre il visitatore; nel Parco si possono ritrovare le testimonianze delle epoche passate. L’architettura della Corte di Giarola, sede del Parco e futuro museo, ci riporta al Medioevo e agli antichi edifici conventuali trasformati e ricostruiti più volte per svolgere nuove funzioni connesse con gli insediamenti abitativi e le attività lavorative legate alla terra. Altre importanti tracce sono quelle connesse alla centuriazione romana e alle antiche opere di regimazione idraulica, come il Canale Naviglio Taro che da oltre 7 secoli deriva le acque del torrente. Recentemente l'area è stata designata come Zona di Protezione Speciale ai sensi della Direttiva CEE 79/409 per la protezione degli uccelli.